Noi non ci voltiamo dall’altra parte: IL MARE È DI TUTTI!

L’inquinamento Marino è un nemico invisibile che avvelena il nostro ambiente, giorno dopo giorno. Ma cosa lo alimenta? Quali sono le sue radici più profonde e quali conseguenze ha sulla nostra salute e sul nostro pianeta? E soprattutto, cosa possiamo fare per invertire questa tendenza prima che sia troppo tardi?

I mari e gli oceani rappresentano più del 70% dell’intera superficie del globo terracqueo; ciò ha indotto la popolazione mondiale a ritenere che gli oceani potessero essere considerati un’immensa discarica in cui poter riversare tutto ciò che per l’uomo rappresentava un rifiuto, senza che questo si potesse ritorcere su tutti i suoi abitanti (umani e non). Le scelte di sviluppo sociale e gli aspetti economici, sono le cause più rilevanti che hanno indotto l’uomo ad attuare tali comportamenti. Oggi, sebbene fortunatamente detta credenza si stia in gran parte modificando, tuttavia, si corre il rischio, sempre più concreto, di rendere la Terra, nostra “unica casa”, un pianeta non più abitabile.

Per avere una visione completa della situazione occorre analizzare le principali forme di inquinamento del mare e delle coste e gli effetti da esse prodotte sull’intero ecosistema. La più importante forma di inquinamento marino è il petrolio, estratto anche dai fondali e trasportato per il mondo da enormi petroliere o dai più recenti oleodotti, che per lunghi tratti percorrono i fondali marini. Si tratta di enormi quantità di sostanze oleose che concorrono alla distruzione, spesso per  moltissimi anni, di vasti ecosistemi che vedono coinvolte numerosissime specie di animali legate a questi ambienti, compresi molti uccelli marini. Anche i sistemi terrestri, però, finiscono per esserne coinvolti, basti pensare alle “maree nere” che, attraverso le correnti, giungono sulle spiagge deturpandole e danneggiandole gravemente. Esistono, poi, altre forme di inquinamento marino, più subdole perché spesso non immediatamente visibili, ma che possono risultare addirittura più gravi dell’inquinamento da petrolio. La prima è l’inquinamento derivante dall’uso della plastica da parte dell’uomo. Si tratta di un materiale introdotto fin dal 1861 che, però, dalla metà del secolo scorso, ha iniziato ad avere una diffusione globale, diventando uno degli elementi centrali dello sviluppo industriale ed economico. Presenta il grandissimo limite di essere un materiale non facilmente degradabile, persistendo nell’ambiente per centinaia, se non addirittura, per migliaia di anni. Protagonista di un uso massiccio da parte della popolazione umana, grazie anche alla pratica ampiamente sponsorizzata da una società sempre più consumista, dell’“usa e getta”, la plastica è diventata un problema ecologico sempre più pressante. Abbandonata nell’ambiente, trasportata dai corsi d’acqua, gran parte della plastica prodotta dall’uomo è oggi presente negli oceani dove ha creato delle vere e proprie “isole galleggianti” che raggiungono dimensioni considerevoli. Naturalmente questa plastica galleggiante costituisce uno dei maggiori problemi per gli ecosistemi marini e, più in generale, per l’intero ecosistema terrestre. Non bisogna, infatti, dimenticare che, pur se la sua degradazione comporta tempi estremamente lunghi, essa è comunque soggetta ad un continuo sgretolamento che conduce alla formazione delle cosiddette “microplastiche”, frammenti di plastica così piccoli che sono ormai entrati nelle catene alimentari. Oggi presumibilmente, in quanto consumatore finale, tracce di microplastiche sono ormai ampiamente presenti in una larga fetta della popolazione umana. Un’altra fonte di inquinamento marino sono gli scarichi urbani ed industriali. Questi rappresentano una grave forma di inquinamento perché, attraverso il loro sversamento nelle acque superficiali e successivamente in mare, apportano notevoli quantità di cosiddetti metalli pesanti, altamente tossici, i quali, sempre attraverso le catene alimentari, ritornano ai consumatori finali nei quali si accumulano, con conseguenze  talvolta drammatiche sulla salute umana. Successivamente, troviamo l’inquinamento prodotto dall’attività antropica e quella riconducibile all’utilizzo di pesticidi e concimi in agricoltura. Associata a fenomeni di degrado ambientale esclusivamente terrestre, non sempre si riesce a comprendere come l’uso smodato di tali prodotti possa avere effetto anche sull’ambiente marino. Ciò appare tuttavia comprensibile se si pensa che i prodotti chimici utilizzati per la difesa delle colture, soprattutto nelle aree in cui si pratica l’agricoltura intensiva, vengono trasportati nelle acque di falda e, poiché tutta l’acqua finisce in mare, in definitiva, si raccoglieranno nei mari e negli oceani, alterando così i naturali equilibri ecologici. Infine, esiste un’altra forma di inquinamento, di cui ancora si sa poco: l’inquinamento acustico e luminoso; il primo è particolarmente presente in prossimità delle grandi città costiere, le cui forti luci, che si riflettono sul mare, finiscono per alterare i normali cicli degli organismi marini che vivono in prossimità delle coste e che risentono di un’alterata percezione delle fasi di luce e di oscurità in cui si sono originariamente evoluti. La seconda fonte di inquinamento marino, quello acustico, è invece riconducibile ai sonar ed altri strumenti di indagine marina, utilizzati, sia per le attività di pesca, sia per attività di ricerca o altro, le cui onde sonore interagiscono con le forme di comunicazione utilizzate da molti animali marini, primi tra tutti i grandi cetacei che comunicano tra loro per mezzo di suoni e che possono subire disturbi da tali interferenze e, quindi, ancora una volta, vedere alterati i loro equilibri vitali.

Si comprende, pertanto, come sia assolutamente vitale per la nostra specie intervenire prontamente per cercare di ridurre al minimo l’impatto delle azioni antropiche sul sistema. Nel corso degli anni le istituzioni politiche si sono mobilitate per la risoluzione di questo problema, conferendo, tra l’altro, espressa tutela costituzionale all’ambiente, alla biodiversità ed agli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.

Sono stati, inoltre, ideati diversi strumenti che mirano alla raccolta dei rifiuti per la salvaguardia del mare, tra cui: The Ocean Cleanup, Seabin project, Beach Bot, il robot “granchio” Silver 2, drone WasteShark, ma tutto ciò non basta.

Bisogna fare di più, occorre una  vera svolta culturale poiché la principale fonte dell’inquinamento è l’uomo che, pensando di non recare danno a sé stesso, sta distruggendo l’ambiente in cui vive, incurante del fatto che sta privando della loro unica casa le future generazioni. Ciascuno deve fare la propria parte e adottare comportamenti rispettosi dell’ambiente, perché non è più possibile voltarsi dall’altra parte: il mare è di tutti e deve essere difeso!

 

“Commissione Ambiente” del LSS “M. Guerrisi” di Cittanova (RC) Francesca Napoli – Aurora Mavrici.

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